Cosa ho visto!
leggi prima: Il giorno in cui mi sono ricordata di me
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Cosa ho visto! Non è stato un pensiero e non posso definirla neanche un’emozione, è stato un vero e proprio riconoscimento silenzioso, profondo, che ha attraversato ogni parte di me come qualcosa di talmente scontato, talmente certo che non ha bisogno di prove. Mi sono ricordata di essere qualcosa di molto più vasto del mio nome, del mio ruolo, dei miei pensieri, qualcosa di più profondo delle mie abitudini, delle aspettative e delle ferite. Non ero più “tiziana” in senso stretto, ero presenza viva: mi sono ricordata che non sono ciò che faccio, né ciò che gli altri vedono, sono un’essenza vivente che sceglie, che sente, che osserva, che ascolta e che si incarna per fare esperienza, una specie di punto di contatto tra il visibile e l’invisibile, tra la terra e il cielo. In quel momento ho riconosciuto la mia origine spirituale, eterna.
Ho visto!
Ho visto me stessa, mi sono riconosciuta come un frammento dell’infinito, del tutto intorno a me, ho sentito che sono qui per ricordare chi sono davvero, ho sentito nelle cellule del mio corpo e nel silenzio più profondo del mio sentire le tracce lasciate dalle vite passate degli antenati che mi hanno preceduta, mia madre, mio padre, i miei nonni e i loro nonni, come se la loro voce, il loro dolore e i loro sogni incompiuti fossero impressi nella mia stessa esistenza, chiedendomi di essere visti, compresi e finalmente trasformati.
Sono qui per questo: per sciogliere i nodi che non sono stati sciolti, per correggere ciò che è rimasto in sospeso, per portare luce dove per troppo tempo è rimasta l’ombra; sono qui per rendere migliore ciò è già stato vissuto e per contribuire, con ogni mio gesto, pensiero o scelta, a rendere migliore la vita degli altri e il mondo che generosamente mi ospita.
Questo è il mio cammino, la mia missione silenziosa, non fatta di proclami o di gesti visibili o eclatanti ma di quella presenza discreta che sa farsi spazio dove serve, senza clamore; una missione silenziosa che mi chiede di:
– essere ponte tra ciò che ero nel mio passato più remoto, prima di vivere in questa vita, e ciò che voglio diventare; tra chi si sente smarrito e la possibilità di ritrovarsi; un ponte che unisce, che accompagna con delicatezza chi ha bisogno di attraversare i propri passaggi interiori senza sentirsi solo;
– essere cura non nel senso di risolvere o guarire dall’esterno ma di offrire ascolto, presenza, rispetto profondo per i tempi e i dolori altrui, senza imporre soluzioni ma aprendo spazi dove l’alt respirare e ritrovarsi;
– essere testimone che non c’è bisogno di diventare o aspettare chissà chi o chissà cosa, c’è bisogno solo di essere e lasciare che ciò che si è si manifesti chiaramente, non perché io sia arrivata a una meta definitiva, anzi, ogni giorno cammino, inciampo, mi rialzo e scelgo ancora e ancora, ma è proprio questa mia imperfezione a mostrare che ogni momento è buono per ricominciare, che ogni attimo può essere l’inizio di un nuovo modo di essere. Insomma se lo faccio io, con le mie imperfezioni, lo puoi fare anche tu!
Quando anche solo una persona, guardandomi o leggendomi, penserà “allora è possibile anche per me”, sentirò di aver compiuto un altro grandissimo atto d’amore.
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Vai al secondo passaggio: Ho riconosciuto ciò che mi abita
Vai al terzo passaggio: Ho compreso ciò che mi è stato affidato
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