Abbiamo davvero bisogno di una moneta?
Oggi ho ascoltato un audio dell’economista Guido Grossi
Ti chiederai cosa c’entra l’economia in un blog di educazione.
C’entra c’entra.
Abbiamo davvero bisogno di una moneta?
Lui ritiene che della moneta, così come delle banche, non abbiamo alcun bisogno.
Siamo stati abituati all’idea che non possiamo scambiarci le cose se non abbiamo una moneta, e questa convinzione ci porta a impegnare gran parte della nostra vita a lavorare per produrre denaro.
Invece noi possiamo scambiarci i nostri prodotti e servizi anche senza moneta o con una nostra moneta.
Chi non ha “oro” sa fare molto altro: costruisce ripari, coltiva cibo, produce vestiti, crea servizi. Quello che dobbiamo fare è metterci d’accordo per scambiarceli, ma non facendo come le banche: cioè io vengo da te a prendere i tuoi prodotti e registro da qualche parte il mio debito con te e tu registri il tuo credito.
Se vogliamo fare un salto quantico, dobbiamo scambiarci i beni senza registrare nulla.
C’è più valore nel dare che nel ricevere.
Abbiamo davvero bisogno di una moneta? Da quando, nel 1971, il denaro è stato svincolato dall’oro, le banche creano moneta a piacimento.
Non mettono in circolo banconote, come siamo propensi a credere, ma creano moneta scritturale:
numeri seguiti da svariati zero che passano da un conto all’altro chiedendoci in cambio non solo la restituzione, nel caso di un prestito o un mutuo, ma anche altissimi e ingiustificati interessi.
Un mondo senza soldi è possibile, è desiderabile ed è vicino. Abbiamo davvero bisogno di una moneta?
Creare una economia alternativa è possibile e bisogna avere il coraggio di intraprendere altre vie.
Possiamo fare anche noi come fanno le banche: creare la nostra moneta.
Ora è il momento di fare scelte rivoluzionarie, non possiamo più rimanere ancorati alle credenze del passato: ieri credevamo di essere in democrazia oggi sappiamo che non è così, ieri avevamo fiducia nel futuro mentre oggi, nonostante la tecnologia e la scienza, il futuro non genera più nessuna fiducia.
Sappiamo che il cibo tossico ci uccide ma continuiamo a comprare dalla grande distribuzione. Sappiamo che i nostri sensi percepiscono l’1% del reale fisico e grazie alle macchine, oggi, riusciamo a salire al 5%, ma non abbiamo alcuna conoscenza del restante 95%, eppure c’è chi si sente in diritto di dettare leggi e regole uguali per tutti.
Non puoi cambiare le cose se fai sempre le stesse cose, è tempo di fare altro con profonda responsabilità.
Dobbiamo mettere in atto azioni che portano soluzioni, è finito il tempo di rimandare a domani.
E’ tempo di prendere importanti decisioni, non c’è più tempo per le scuse che ci tengono ancorati al terreno in attesa che qualcuno le prenda per noi.
Se hai risparmi spendili, cerca un progetto che ti piace e partecipa.
Fai girare i tuoi soldi in cose che vuoi fare, che hanno senso per te e per chi sta vicino a te ed è uguale a te negli ideali.
Abbiamo sempre una scelta, tutto ci sta dicendo che per stare bene dobbiamo essere abili a dare risposte. Le risposte buone arrivano se le domande sono quelle giuste. Chiediti cosa puoi fare ora per stare meglio. Non stare fermo in attesa di essere salvato da qualcun altro.
Conclude il suo discorso con un interessante: guai a farsi prendere dalla paura, guai ad isolarsi.
Non è la malattia ad ucciderci, i virus attaccano solo terreni fertili, ed è terreno fertile chi è triste, chi è solo, chi è vulnerabile e insicuro e chi ha paura. Non ci vuole la “scienzah” per capire queste cose.
La malattia è un campanello che se non lo ascolti suona più forte.
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