A chi sa ancora pensare
“Quando perdi il diritto di dire ciò che pensi, perdi il diritto di essere libero”
Questo articolo è rivolto a chi sa ancora pensare, e aggiungerei “e non si vergogna di farlo”. Oggi un mio post del 21 giugno è stato rimosso dal social Facebook.
Era un pensiero semplice, forse troppo semplice per essere tollerato, il pensiero che l’influenza arriva per disintossicare il nostro corpo fisico”. Mi sembra ragionevolmente credibile anche per i più scettici, comunque era solo un punto di vista — che condivido — sul corpo, sulla salute e sul senso del malessere. E’ passato un giorno ed è stato rimosso con la motivazione “informazione non vera e pericolosa”. Pericolosa?
Io ho sempre pensato, e continuo a credere, che l’influenza, come ogni malattia, sia prima di tutto un segnale del corpo ma anche il suo modo di reagire, di curarsi, di riportarsi in equilibrio. E rivendico il diritto di dirlo, poi magari mi sbaglierò, ma cosa c’è di pericoloso?
I miei post non risultano “in linea”
questa è la ragione della rimozione, non la pericolosità. Esprimere un pensiero oggi non è più terreno di dialogo ma di controllo: infatti c’è chi rimuove, segnala, censura, chi non legge davvero ma semplicemente giudica a priori. Ma non voglio parlare di loro, mi rivolgo invece a chi sa ancora pensare, a chi accoglie un’idea senza doverla subito combattere o criticare, a chi ascolta e si pone domande, a chi rispetta le opinioni altrui e si chiede “cosa c’è che non colgo in questo messaggio?”, “è davvero così folle?”.
In genere sono portata ad accogliere i pareri diversi come finestre su nuove possibilità. Dovrebbe essere scontato. Oggi esprimere un parere è diventato un gesto rivoluzionario, coraggioso, soprattutto se ti “permetti” di renderlo pubblico su un fottuto social; per me pensare senza giudizio è rimanere viva, aperta e capace di accettare quello che ancora non so: il nuovo.
E pensare insieme, nel rispetto, nell’onestà, nel dubbio, è ancora più prezioso.
Ormai le idee non valgono più per la loro profondità ma per la loro “aderenza” a qualcos’altro di già assodato per alcuni o per i più. E così si rischia di diventare “diverso”, “strano” (parole che adoro ma che per i più hanno una accezione negativa). Chi sa pensare a cuore libero e aperto è ormai diventato quasi da evitare, addirittura un pericolo.
Eppure è proprio in questa libertà che si trova qualcosa di essenziale: la possibilità di incontrarsi davvero; la possibilità di rinnovarsi e di restare umani.
E allora, a chi sa ancora pensare, l’invito è semplice ma urgente: non smettere, non arretrare, non vergognarti. Perché è proprio dal pensiero libero che può nascere un mondo più vero. Non lasciarti spegnere e non cedere al silenzio forzato, perché è nel pensiero libero, vivo e rispettoso, che si custodisce la parte più sana di questo nostro tempo.
Con la speranza che ancora ci sia qualcosa da guarire, insieme.
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