Se non scegli tu, qualcuno lo farà per te.
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Sto davvero scegliendo o sto semplicemente seguendo? Sto diventando chi sono o sto solo evitando di essere altro?
Se non scegli tu qualcuno lo farà per te. Questa riflessione mi ha portata a incontrare Dietrich Bonhoeffer, teologo luterano tedesco noto per il suo coraggio nella resistenza al nazismo e per la profondità della sua visione umana e spirituale. Bonhoeffer fu impiccato a 39 anni, nel campo di concentramento di Flossebürg nel 1945, ma i suoi scritti ci parlano ancora oggi di responsabilità, di libertà, della necessità di scegliere come diventare.
In un mondo in cui siamo apparentemente liberi di scegliere, pochi si chiedono cosa significhi davvero. Più spesso seguiamo ciò che è conveniente, ciò che è approvato dalla maggioranza, ciò che la legge consente, ciò che la religione prescrive o la tradizione tramanda. Bonhoeffer, che ha vissuto in tempi ben più drammatici dei nostri, ha avuto il coraggio di affermare che essere umani non significa semplicemente obbedire ma assumersi la responsabilità di ciò che si è e ciò che si fa, anche quando questo ci mette in conflitto con le norme esterne.
“La libertà non consiste nel fare ciò che vogliamo ma nel diventare ciò che dobbiamo essere”
Una citazione che ci provoca profondamente, oggi, in quest’epoca di sovra-stimoli, di identità liquide (non più ancorate a radici profonde), di conformismi invisibili (che seguiamo per sentirci accettati, “normali”, allineati); il rischio non è più la prigione fisica ma quella interiore.
Mentre noi rinunciamo alla libertà autentica, quella che ci rende fedeli a noi stessi, forse per paura del giudizio o dell’instabilità, della solitudine o dell’esclusione, Bonhoeffer ci ricorda che la verità costa e che la libertà non è evasione ma fedeltà al proprio essere più profondo.
Diventare ciò che siamo nel profondo significa non accettare passivamente ciò che viene tramandato o imposto, se non risuona con la nostra coscienza; non confondere il rispetto della legge con l’essere giusti; avere il coraggio di disobbedire, non cercare alibi ma scegliere con lucidità, con integrità, anche correndo il rischio che comporta.
Bonhoeffer, per molti un martire, per me è soprattutto un esempio di radicale umanità. Il suo non è un invito a essere eroi o santi ma a restare svegli, a pensare con la nostra testa e ad agire in coerenza con ciò che sappiamo essere giusto anche quando questo ci costa il favore degli altri. In un’epoca che premia la velocità, il successo, l’adattamento, la sua voce ci chiede lentezza, presenza e coraggio e ci invita a porci ancora, con sincerità, domande come queste:
Sto davvero scegliendo o sto semplicemente seguendo?
Sto scegliendo in vera autonomia e liberamente o solo entro i confini che qualcun altro ha tracciato? Sono davvero libero/a o vivo dentro un recinto invisibile? Se togliessi il bisogno di approvazione, cosa resterebbe delle mie decisioni? Perché faccio quello che faccio?
Sto diventando chi sono o sto solo evitando di essere altro?
Forse viviamo la quotidianità credendo di crescere ma stiamo solo galleggiando. Diventare chi siamo è un processo lento, fatto anche di errori, ma è lì che smettiamo di voler essere ciò che non siamo. È tempo di smettere di evitare lo sguardo su noi stessi per paura di dover cambiare troppo.
Non ho risposte certe ma iniziare a farsi davvero queste domande, è il primo passo per tornare a noi stessi. Se continuiamo a evitare la fatica di tornare a essere chi siamo, scegliamo di continuare a sopportare il peso di vivere una vita che non ci appartiene.
Chi non sceglie di essere se stesso finirà per essere scelto da qualcun altro. La libertà costa ma l’autoinganno costa molto di più.
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