Cellulari a scuola: divieto o occasione mancata?
La nuova normativa (giugno 2025) che vieta l’uso dei cellulari a scuola durante tutto l’orario scolastico sembra, a prima vista, una misura di buon senso: meno distrazioni, più concentrazione. Ma se andiamo a fondo, questo divieto appare come la solita “soluzione di mutuo soccorso”: un provvedimento pensato più per tutelare gli adulti che per responsabilizzare i ragazzi.
In effetti, il divieto generalizzato può sembrare più una misura di controllo esterno che una scelta educativa. È un po’ come dire: “siccome non riusciamo a gestire la libertà, togliamo l’oggetto del contendere”.
Questa impostazione ha due facce:
- Lato “adulto”: solleva insegnanti e dirigenti da una gestione complicata (distrazioni, conflitti, cyberbullismo, registrazioni improprie). È una scorciatoia che evita di dover affrontare il tema più scomodo: educare all’uso consapevole.
- Lato “educativo”: rischia di privare i ragazzi dell’occasione di imparare l’autoregolazione. Se tutto viene vietato dall’alto, non c’è esercizio del discernimento, né crescita nel senso critico.
È come impedire a un ragazzo di andare in bicicletta perché potrebbe cadere: certo non cadrà… ma non imparerà mai a pedalare.
Il problema non è mai davvero l’oggetto: è il rapporto che i ragazzi hanno con esso. Vietare l’uso dello smartphone significa rinunciare a un’occasione educativa preziosa: insegnare a scegliere, a regolarsi, a riconoscere i propri limiti.
Il cellulare è parte integrante della vita degli adolescenti. Fingere che non esista o relegarlo nello zaino, non li aiuta a sviluppare il buon senso. Anzi, li priva dell’opportunità di allenarsi a usarlo con equilibrio, sotto la guida degli adulti.
Educare al senso critico significa proprio questo: imparare a stare in relazione con gli strumenti del proprio tempo, senza esserne schiavi. Una scuola che proibisce invece di educare rischia di essere percepita come lontana, autoreferenziale, incapace di preparare alla vita reale.
La domanda da porci è chiara: vogliamo studenti obbedienti e silenziosi o giovani capaci di scegliere e di assumersi la responsabilità delle proprie azioni?
Una proposta semplice
Creiamo spazi e momenti guidati in cui usarli: per ricerche, per progetti collaborativi, per discutere insieme dei rischi e delle opportunità del digitale; e soprattutto: mostriamo con l’esempio cosa significa usare un dispositivo con misura, rispetto e presenza. Perché educare è sempre questione di responsabilità reciproca, non di divieti calati dall’alto.
La scuola non può limitarsi a togliere la bicicletta per paura che i ragazzi cadano. Deve insegnare a pedalare, a cadere, a rialzarsi e a trovare il proprio equilibrio.
Eh gia! … la scuola… appunto!


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